giovedì 21 novembre 2013

Intervista: Gianluca Maconi

Intervista a Gianluca Maconi, autore del numero 2, sempre ad opera dell'impeccabile Francesco Savino...

Ciao Gianluca, presentati in tre righe!
Non sono portato per le sintesi così estreme. Provo. Sono un disegnatore di fumetti che quando ne ha l'occasione si scrive le storie. Mi piace passare da un genere all'altro, ogni albo che faccio mi serve per documentarmi, per studiare, per imparare qualcosa insomma. Ho realizzato fumetti di cronaca ("I delitti di Alleghe"), biografici ("il delitto Pasolini", "Electric Requiem"), fantasy ("Elya" e "Elfes Sylvaine" per la Soleil), adattato un antico romanzo cinese ("Viaggio verso l'Occidente") e un sacco di altre cose. Quattro righe, fallito.

Tu sei un disegnatore che ha sempre spaziato molto da un genere all’altro, passando dal fantasy alla biografia con disinvoltura. Com’è stato entrare nel mondo del fumetto d’azione?

Mi piace provare generi diversi e affrontare le sfide, lo faccio così spesso che ogni volta che presento dei progetti in giro nessuno sa cosa aspettarsi, e quindi me li bocciano (qui ci vorrebbe una faccina sorridente o qualcosa del genere, direi). E poi... con disinvoltura, questo lo dici tu che la vedi da fuori. Amo l'azione, mi diverte disegnare combattimenti. Ce ne sono sempre troppo pochi, li metterei ovunque, anche nelle storie d'amore. Infatti sono contento che Diego mi abbia concesso addirittura di allungare qualche scena di lotta, rimaneggiando il suo lavoro (grazie, Die'). È senza dubbio divertente, quando ci sono di mezzo i personaggi, anche e soprattutto quando si può giocare con l'ambiente. Con gli inseguimenti e le automobili invece perdo la pazienza un po' più facilmente.

Qual è il tuo rapporto con le arti marziali e com’è stato trasportare e raccontare all’interno di un fumetto i combattimenti di Kung-Fu?

Sono cresciuto guardando film di Bruce Lee e Jackie Chan (almeno una volta all'anno guardo "Operazione pirati", il film che ho visto più volte insieme a "Grosso guaio a Chinatown", "I predatori dell'arca perduta" e i 3 "Guerre Stellari"), quindi per me era un invito a nozze. Addirittura una sequenza dell'albo, in cui il protagonista usa una catena a mo' di nunchaku l'avevo già disegnata a 15 anni guardando col fermo-immagine "I 3 dell'operazione drago". Mi è bastato riguardare un vecchio quaderno. Poi ho letto molto e sulla teoria sono informato, ma la pratica non mi appartiene, sono un portatore sano di arti marziali, ecco. Nel disegnare un fumetto di kung fu il pericolo è dietro l'angolo, è facile rischiare di "congelare l'immagine" invece di creare la giusta illusione di movimento, oppure essere banali. Io ho cercato di trovare una strada utilizzando tutte le possibilità che il mio medium mi offriva, deformazioni, onomatopee, rielaborando il tutto nel modo più personale possibile. Senza scimmiottare il modo di usare l'azione tipico dei manga, ad esempio. Non so se ci sono riuscito, ma il risultato non mi disturba.

Com’è stato immergerti nelle atmosfere della serie di Long Wei e di tutti i suoi personaggi? Quanto l’ambientazione milanese ha influito sul tuo lavoro?

Divertente e impegnativo. Avevo da tempo voglia di lavorare con Diego, anche se il suo genere di adozione, il poliziottesco, è quanto di più possibile lontano da quello che mi piace disegnare (auto, pistole e città non sono nella mia top five, insomma) e Long Wei era il giusto punto di contatto. Inoltre Luca ha dato un imprinting ideale, per un disegnatore come me, alla serie. Lui è da sempre, oltre che un caro amico, il collega che sento più affine per mentalità e metodologie. Il suo senso del dinamismo estremo e istintivo è stato il mio sparring partner durante tutta la lavorazione dell'albo e la connotazione grottesca ha dato quel tocco in più che, spero, possa trovare una strada nel mondo del fumetto da edicola.
Per quanto riguarda Milano... ha influito molto, la maggior  parte dello staff di Long Wei è milanese, e non volevo sfigurare. Senza considerare l'importanza che aveva per Diego fin dal concepimento della serie. Tutte le strade che ho fatto prendere ai personaggi esistono e sono "giuste". Ho passato un sacco di tempo a cercare i posti con Google Maps, con la sola eccezione del circolo di golf, che è un luogo inventato. Persino il parcheggio e le strade per raggiungerlo (capirete tutti leggendo l'albo) sono tutte corrette e rintracciabili. Divertente, come dicevo, e impegnativo.



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