mercoledì 27 novembre 2013

Interviste: Patrick Macchi

Intervista a Patrick Macchi, secondo disegnatore del numero 3 insieme a Luca Genovese, come al solito l'intervistatore è il fulgido Francesco Savino...

Ciao Patrick, presentati in tre righe.

Mi sono diplomato da circa un anno alla Scuola di Fumetto di Milano, disegnando da quando ho memoria, mi è sembrata la conclusione migliore per il mio percorso scolastico. Ho realizzato il numero 3 di Long Wei in collaborazione con Luca Bertelè. Mi piacerebbe aggiungere altro, ma per ora il mio curriculum può vantare solo quello.

Per la realizzazione grafica del tuo albo hai collaborato con Luca Bertelè. Com’è nata la vostra collaborazione, e come si è svolta dal punto di vista pratico? Quali sono stati i punti di forza di questo lavoro a quattro mani?

Esatto... beh, che dire, diciamo che è nata per merito di un "amico in comune". Non so se si possono fare nomi, ma la persona in questione sa di chi parlo. Mi è stato detto che Luca aveva bisogno di una mano per portare a termine l'albo, gli ho mandato delle tavole, e prima di rendermene conto ero già al lavoro.
Per quanto riguarda "chi facesse cosa" io mi sono occupato delle matite da pag 19 a 61, da 66 a 81, e da 88 a 94, mentre Luca ha fatto tutto il resto, dalle modifiche all'inchiostrazione.
I punti di forza credo che stiano proprio in questo, il lavoro si velocizza senza dubbio, e in ogni caso sono due teste che ci lavorano, se una pensa che qualcosa debba essere modificato per funzionare meglio, lo si fa senza problemi.

Qual è il tuo rapporto con le arti marziali e com’è stato trasportare e raccontare all’interno di un fumetto i combattimenti di Kung-Fu?

Le arti marziali mi hanno sempre affascinato, ma non mi ci sono mai avvicinato, e credo che non l'avrei mai fatto se non fosse stato per Long Wei. Perché un conto è vedere il film di Jackie Chan al sabato sera, un altro (per quello che è stato il mio metodo di lavoro) è imparare realmente la mossa in questione per poter essere in grado di disegnarla senza difficoltà. Diciamo che mi è stato più utile delle foto di riferimento.
Com’è stato immergerti nelle atmosfere della serie di Long Wei e di tutti i suoi personaggi, e quali difficoltà hai incontrato, se ne hai incontrate, nell’approcciarti a un fumetto di questo genere?
Devo dire che è stata una bella sfida, perché sono sempre stato abituato a tutt'altro. Però andando avanti di tavola in tavola, disegnare certe atmosfere è diventato quasi naturale, anche se le scene di lotta sono state quelle in cui mi sono sentito più "libero".







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